CENTRO CULTURALE DI LETTERE ARTI ECONOMIA
“Fonte Aretusa”
41° Edizione del Premio Internazionale Casentino
Sez. Silvio Miano
FRANCA CANAPINI
2° Premio per la Narrativa inedita
(per Un giorno, la vita)
Il fluire di ogni singola esistenza può apparire – qualora lo si guardi nella sua consequenzialità e come dall’esterno – estremamente lineare; ma le concatenazioni dei singoli momenti, delle singole occorrenze costituiscono altrettanti nodi, svincoli da cui possono – o meglio, potrebbero – dipartirsi percorsi diversi da quelli che in effetti vanno poi a determinare la fisionomia complessiva del vissuto individuale. Le scelte soggettive – in tal modo – permangono, ma come condizionate dagli eventi più disparati, dal confronto con gli altri, dal sottinteso misterioso che in ogni attimo si affaccia a rendere incerto, dubbioso il cammino nella vita.
Franca canapini si è assunta con Un giorno, la vita il compito tutt’altro che semplice di rendere conto di tale crogiulo, indagarlo nelle sue contraddizioni, nei suoi opposti, nelle presenze e nelle assenze che vi sono contenute, senza tuttavia perdere mai di vista il dato di fondo: per quanto contraddittoria, per quanto delusoria in certi momenti essa possa apparire, la vita è per ciascuno una risorsa inestimabile, una risorsa che trova nell’amore e nell’apertura incondizionata all’alterità la propria verifica e la propria ragion d’essere primaria e incontrovertibile.
A rendere mirabilmente questo intreccio tra linearità e verticalità gioca una funzione essenziale la struttura del romanzo dominata dal ricorso costante al flashback e dall’incidenza, più sporadica ma non meno decisiva, del sogno. Così, se la fabula lineare presenta la storia di Anna in un breve lasso di tempo, dalla vigilia di Natale del 2014 ai primi mesi dell’anno successivo, i continui ritorni al passato – specialmente recente – rendono conto – con un continuo intreccio e inversione dei tempi – di un periodo più lungo, che trova il proprio fulcro nel marzo del 2009 e nell’incontro “fulminante” con Luca, nel rapporto d’amore intenso e assolutamente coinvolgente che lega per brevi attimi i due destini, e poi la separazione, l’aborto consapevolmente praticato da Anna, il suo tentativo di riprendere con speditezza il percorso esistenziale, l’impegno – inizialmente solo professionale e privo di coinvolgimento affettivo con il proprio lavoro – di direttrice di una residenza protetta della ASL di Arezzo.
Intorno ad Anna gravita una folla di personaggi – la madre Angela, l’amica Mara, i collaboratori della residenza protetta, i pazienti – che assolvono narrativamente la funzione di problematicizzare l’irrequietezza e l’insoddisfazione di Anna, e in definitiva aiutarla, alla fine a sciogliere il proprio blocco esistenziale e consentirle di riaprirsi all’accoglimento pieno del flusso vitale. Dopo il grave incidente occorso, proprio la vigilia di Natale, ad uno degli ospiti della struttura e in connessione con il recupero inatteso delle lettere scrittele da Luca ai tempi del loro breve soggiorno triestino, l’esistenza di Anna torna a avere un respiro più ampio; niente di quanto accaduto – e di quanto perduto – si cancella, ma è come se il blocco finalmente si sciogliesse e il viaggio di questa quarantenne, sul discrimine tra residua giovinezza e incipiente invecchiamento, potesse riprendere nella piena accoglienza di nuove scelte e di un nuovo amore per la vita:
“[…]non ci possono essere rimpianti o errori – si diceva – era così che doveva andare; potevo fare solo quelle scelte, non ero pronta per altre soluzioni. Finalmente si sentiva in pace con se stessa.”
Resta da dire della pregevole orditura stilistica del romanzo, fondato su di una lingua piana, apparentemente neutra, in grado tuttavia d’impennarsi sia nell’andamento serrato dei dialoghi (reali o sviluppati all’interno del soggetto), sia nelle verticalizzazioni liriche, specie davanti ai paesaggi – che rivestono un ruolo non secondario nell’economia della narrazione – e nella rappresentazione degli stati d’animo più accesi e rapiti. Ed è in queste impennate che fa capolino la concentrazione del poeta, il quale lascia tracce non indifferenti anche in alcuni versi che in circoscritti e ben selezionati momenti topici punteggiano e illuminano la narrazione.
La Giuria
“Fonte Aretusa”
41° Edizione del Premio Internazionale Casentino
Sez. Silvio Miano
FRANCA CANAPINI
2° Premio per la Narrativa inedita
(per Un giorno, la vita)
Il fluire di ogni singola esistenza può apparire – qualora lo si guardi nella sua consequenzialità e come dall’esterno – estremamente lineare; ma le concatenazioni dei singoli momenti, delle singole occorrenze costituiscono altrettanti nodi, svincoli da cui possono – o meglio, potrebbero – dipartirsi percorsi diversi da quelli che in effetti vanno poi a determinare la fisionomia complessiva del vissuto individuale. Le scelte soggettive – in tal modo – permangono, ma come condizionate dagli eventi più disparati, dal confronto con gli altri, dal sottinteso misterioso che in ogni attimo si affaccia a rendere incerto, dubbioso il cammino nella vita.
Franca canapini si è assunta con Un giorno, la vita il compito tutt’altro che semplice di rendere conto di tale crogiulo, indagarlo nelle sue contraddizioni, nei suoi opposti, nelle presenze e nelle assenze che vi sono contenute, senza tuttavia perdere mai di vista il dato di fondo: per quanto contraddittoria, per quanto delusoria in certi momenti essa possa apparire, la vita è per ciascuno una risorsa inestimabile, una risorsa che trova nell’amore e nell’apertura incondizionata all’alterità la propria verifica e la propria ragion d’essere primaria e incontrovertibile.
A rendere mirabilmente questo intreccio tra linearità e verticalità gioca una funzione essenziale la struttura del romanzo dominata dal ricorso costante al flashback e dall’incidenza, più sporadica ma non meno decisiva, del sogno. Così, se la fabula lineare presenta la storia di Anna in un breve lasso di tempo, dalla vigilia di Natale del 2014 ai primi mesi dell’anno successivo, i continui ritorni al passato – specialmente recente – rendono conto – con un continuo intreccio e inversione dei tempi – di un periodo più lungo, che trova il proprio fulcro nel marzo del 2009 e nell’incontro “fulminante” con Luca, nel rapporto d’amore intenso e assolutamente coinvolgente che lega per brevi attimi i due destini, e poi la separazione, l’aborto consapevolmente praticato da Anna, il suo tentativo di riprendere con speditezza il percorso esistenziale, l’impegno – inizialmente solo professionale e privo di coinvolgimento affettivo con il proprio lavoro – di direttrice di una residenza protetta della ASL di Arezzo.
Intorno ad Anna gravita una folla di personaggi – la madre Angela, l’amica Mara, i collaboratori della residenza protetta, i pazienti – che assolvono narrativamente la funzione di problematicizzare l’irrequietezza e l’insoddisfazione di Anna, e in definitiva aiutarla, alla fine a sciogliere il proprio blocco esistenziale e consentirle di riaprirsi all’accoglimento pieno del flusso vitale. Dopo il grave incidente occorso, proprio la vigilia di Natale, ad uno degli ospiti della struttura e in connessione con il recupero inatteso delle lettere scrittele da Luca ai tempi del loro breve soggiorno triestino, l’esistenza di Anna torna a avere un respiro più ampio; niente di quanto accaduto – e di quanto perduto – si cancella, ma è come se il blocco finalmente si sciogliesse e il viaggio di questa quarantenne, sul discrimine tra residua giovinezza e incipiente invecchiamento, potesse riprendere nella piena accoglienza di nuove scelte e di un nuovo amore per la vita:
“[…]non ci possono essere rimpianti o errori – si diceva – era così che doveva andare; potevo fare solo quelle scelte, non ero pronta per altre soluzioni. Finalmente si sentiva in pace con se stessa.”
Resta da dire della pregevole orditura stilistica del romanzo, fondato su di una lingua piana, apparentemente neutra, in grado tuttavia d’impennarsi sia nell’andamento serrato dei dialoghi (reali o sviluppati all’interno del soggetto), sia nelle verticalizzazioni liriche, specie davanti ai paesaggi – che rivestono un ruolo non secondario nell’economia della narrazione – e nella rappresentazione degli stati d’animo più accesi e rapiti. Ed è in queste impennate che fa capolino la concentrazione del poeta, il quale lascia tracce non indifferenti anche in alcuni versi che in circoscritti e ben selezionati momenti topici punteggiano e illuminano la narrazione.
La Giuria