Motivazione Primo Premio Prévert 2009
a Franca Canapini per l’opera
“Stagioni sovrapposte e confuse”
«Al ricordo dell’età dell’infanzia, in cui «Quasi niente era nostro / tranne la libertà di giocare con il tempo» (Miei cari), fa contrappeso l’incipit della raccolta in cui la poetessa si sente libera dopo aver eliminato tutti i ricordi che la incatenavano a luoghi, persone e situazioni del passato. Così può spaziare dalle origini dell’uomo, «avere / migliaia di anni ed abitare / una capanna di fronde con al centro un focolare» (Archetipi) e sentirsi libera, ma “sradicata” e scatenata, padrona della sua vita. La solitudine è vista con benevolenza se permette di immergersi nella natura ad ascoltarne le sue voci, che sono diverse dalle voci umane, anzi a tale scopo il distacco dalla gente è necessario. Esiste però una paradossale contrapposizione tra le «cornacchie svolazzanti / su case di miseria» (Cornacchie) ,che volano libere sui tetti, e la gente che si chiude a chiave nelle case per sentirsi libera. L’incomunicabilità della gente è stigmatizzata al punto da considerare un marito come se fosse una semplice statua «con in mano soltanto / delle rose di campo» e la metafora di un’auto vecchia che viene abbandonata e sostituita con una nuova, bene raffigura la situazione drammatica di chi viene abbandonato inesorabilmente per essere sostituito da altra presenza più giovane. La peggiore età della vita è terza età che con una metafora la poetessa identifica con l’autunno, quando una rosa ancora fiorita non riesce più ad attirare «l’ape che arranca / sulle foglie sciupate [...] aspettano estenuate / la gelata della fine» (Fuori stagione). V’è un continuo richiamo alla natura (“fiori di finocchio”, “campi di pastrinache”, “prati di erba medica”, “festuca pallida”, i gerani, il pino e il cipresso, più volte citati) e non mancano i riferimenti al mondo fiabesco con le sue dame e cavalieri, “principi azzurri e principesse addormentate». La raccolta chiude con la poesia “La bambina che piange” che è anche un sommario della poetica della Canapini, in cui enuncia che la sua vita ora consiste nel godere le bellezze della natura e nella ricerca della parola perduta «nelle innumerevoli parole / che tessono relazioni», ma che in fondo al cuore – e questa è una chiusura circolare ed inaspettata con quanto la poetessa ci ha detto nell’incipit della raccolta – c’è ancora la bambina di una volta. È questa bambina che emerge costantemente in tutte le sue liriche ed è l’emblema stesso della poesia».
Benedetto Di Pietro Presidente del Premio Poesia Jacques Prèvert
a Franca Canapini per l’opera
“Stagioni sovrapposte e confuse”
«Al ricordo dell’età dell’infanzia, in cui «Quasi niente era nostro / tranne la libertà di giocare con il tempo» (Miei cari), fa contrappeso l’incipit della raccolta in cui la poetessa si sente libera dopo aver eliminato tutti i ricordi che la incatenavano a luoghi, persone e situazioni del passato. Così può spaziare dalle origini dell’uomo, «avere / migliaia di anni ed abitare / una capanna di fronde con al centro un focolare» (Archetipi) e sentirsi libera, ma “sradicata” e scatenata, padrona della sua vita. La solitudine è vista con benevolenza se permette di immergersi nella natura ad ascoltarne le sue voci, che sono diverse dalle voci umane, anzi a tale scopo il distacco dalla gente è necessario. Esiste però una paradossale contrapposizione tra le «cornacchie svolazzanti / su case di miseria» (Cornacchie) ,che volano libere sui tetti, e la gente che si chiude a chiave nelle case per sentirsi libera. L’incomunicabilità della gente è stigmatizzata al punto da considerare un marito come se fosse una semplice statua «con in mano soltanto / delle rose di campo» e la metafora di un’auto vecchia che viene abbandonata e sostituita con una nuova, bene raffigura la situazione drammatica di chi viene abbandonato inesorabilmente per essere sostituito da altra presenza più giovane. La peggiore età della vita è terza età che con una metafora la poetessa identifica con l’autunno, quando una rosa ancora fiorita non riesce più ad attirare «l’ape che arranca / sulle foglie sciupate [...] aspettano estenuate / la gelata della fine» (Fuori stagione). V’è un continuo richiamo alla natura (“fiori di finocchio”, “campi di pastrinache”, “prati di erba medica”, “festuca pallida”, i gerani, il pino e il cipresso, più volte citati) e non mancano i riferimenti al mondo fiabesco con le sue dame e cavalieri, “principi azzurri e principesse addormentate». La raccolta chiude con la poesia “La bambina che piange” che è anche un sommario della poetica della Canapini, in cui enuncia che la sua vita ora consiste nel godere le bellezze della natura e nella ricerca della parola perduta «nelle innumerevoli parole / che tessono relazioni», ma che in fondo al cuore – e questa è una chiusura circolare ed inaspettata con quanto la poetessa ci ha detto nell’incipit della raccolta – c’è ancora la bambina di una volta. È questa bambina che emerge costantemente in tutte le sue liriche ed è l’emblema stesso della poesia».
Benedetto Di Pietro Presidente del Premio Poesia Jacques Prèvert